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Il Quartiere ebraico

Durata: 3 ore

Il primo nucleo del Ghetto di Roma si formò nel secolo XVI, con la popolazione proveniente dal vicino Trastevere. Nel 1555 Papa Paolo IV costituì infatti il Ghetto di Roma ed emise la bolla cum nimis absurdum, che obbligava gli ebrei a vivere in un’area ben precisa e prevedeva una serie di limitazioni.

Quello di Roma fu l’ultimo Ghetto a essere abolito in Europa Occidentale, soltanto nel 1883. L’area occupata dal Ghetto era davvero esigua: non più di tre ettari, dalla attuale Via del Portico d’Ottavia fino a Piazza delle Cinque Scole, al fiume Tevere, all’epoca privo dei muraglioni, costruiti dopo l’Unità d’Italia e la proclamazione di Roma capitale.

Tra le colonne superstiti del Portico di Ottavia fu eretta nel Duecento la Chiesa di S. Angelo in Pescheria, sede delle prediche coatte. Il nome “in Pescheria” fa riferimento al mercato del pesce sviluppato in questa zona fin da epoca molto antica.

Procedendo verso Via Arenula si può osservare a destra il vicolo della Reginella, utile a offrire un’idea, insieme al vicolo di S.Ambrogio, dei percorsi esistenti prima della ristrutturazione urbanistica. Un cartello in evidenza dice Sabra-Kosher: indica cioè un esercizio dal caratteristico nome ebraico nel quale si possono trovare alimenti secondo le regole alimentari ebraiche, con garanzia da parte del Rabbinato.

Dal portico d’Ottavia procedendo in direzione del Tevere troviamo nei pressi del Ponte Quattro Capi la Chiesa di S. Gregorio in Divina Pietà. La chiesa fu intitolata a S. Gregorio dato che nella zona erano le Domus degli Anicii, famiglia patrizia romana che diede i natali a Papa Gregorio Magno (590-604), difensore degli Ebrei.

Il Ponte Quattro Capi è chiamato anche “Pons Judaeorum” e permette il passaggio all’Isola Tiberina. Nei locali dell’antico ospedale israelitico sull’isola sono presenti le stanze della “sinagoga dei giovani”, molto amate appunto dai giovani ebrei romani. Un ricordo molto triste si collega all’altro ospedale, il Fatebenefratelli, dove furono ricoverati i circa quaranta feriti dell’attentato terroristico dell’OLP avvenuto nel 1982. Nel terribile attentato rimase ucciso anche un bimbo di due anni.

Dietro il Portico di Ottavia si osserva l’abside di S. Maria in Campitelli: qui, durante il periodo nazista, gli israeliti del ghetto trovarono spesso conforto e protezione. Nel 1990 vi è stata celebrata la prima delle Giornate per l’Ebraismo che la Conferenza Episcopale Italiana auspica siano celebrate in tutto il mondo cristiano, ogni anno, a gennaio.

Nel 1467 l’avvocato Lorenzo Manilio, volendo contribuire al decoro della città di Roma, costruì la propria abitazione “ad forum Judaeorum”: di fronte la Piazza degli Ebrei, o Piazza Giudia, che verrà più tardi letteralmente tagliata in due dal muro del ghetto. La facciata della casa reca l’iscrizione in greco e latino e altri bassorilievi ornamentali. Nel lato opposto, la Chiesa di S. Maria del Pianto, sorta intorno a un’icona dipinta sul muro e legata ad un episodio miracoloso. E’ una delle 16 chiese che si trovavano in questo angolo estremamente suggestivo di Roma. Nei pressi sono rimaste ancora la chiesa di San Tommaso ai Cenci, di Santa Caterina dei Funari, San Stanislao dei Polacchi e quella che sorge sulla casa della famiglia di Sant’Ambrogio.

Di fronte a casa Manilio, in Piazza Giudia, era la graziosa fontana che ora vediamo dietro S. Maria del Pianto e davanti a Palazzo Cenci. E’una fontana di Della Porta e ha vissuto una storia tormentata in quanto fu più volte spostata e modificata. Palazzo Cenci inoltre fu temporaneamente incluso nel ghetto dopo l’ampliamento resosi necessario nel 1836 all’epoca di Gregorio XVI.

Proseguendo vediamo Piazza delle Cinque Scole: il nome ricorda il Palazzetto delle Cinque Sinagoghe che era in questo punto, e che scomparve con la ricostruzione. Uno dei divieti del ghetto era quello di non costruire più di una sinagoga, indipendentemente dal numero degli ebrei e soprattutto senza considerare la notevole varietà di etnie (catalani, aragonesi, siciliani e numerosi altri). Il divieto fu in parte aggirato includendo in un unico palazzo ambienti diversificati per ogni gruppo etnico.

La Sinagoga, o il Tempio, come è chiamata dagli ebrei romani, testimonia la riconquistata cittadinanza della comunità israelitica dopo l’onta del ghetto. Gli architetti Armanni e Costa la costruirono nel 1904. Essi non erano ebrei: la comunità non aveva ancora diritto ad avere architetti propri. E’ frequentata praticamente dalla quasi totalità degli ebrei romani, sebbene a Roma vi siano almeno altre cinque sinagoghe minori in altri Rioni. Lo stile della Sinagoga è un misto di Liberty e Arte Babilonese, con esplicito richiamo alla derivazione medio-orientale della religione ebraica e allo stile in voga all’epoca della fabbrica. Non presenta immagini ma esclusivamente simboli; le numerose scritte in ebraico sono quasi tutte tratte dalla Scrittura e contribuiscono a esaltare la sacralità della Sinagoga di Roma.

Proseguendo il percorso attorno alla Sinagoga si passa davanti all’ingresso che conduce alla Sinagoga Spagnola, quindi si giunge davanti alla Chiesa di S. Gregorio ai Quattro Capi. Negli edifici annessi alla Sinagoga è situato il Museo Ebraico di Roma. Sul lato rivolto verso il Tevere, il muro della Sinagoga presenta diverse lapidi di grande interesse storico. Esse ricordano la lunga serie di ebrei caduti durante la prima guerra mondiale e le vittime ebree delle Fosse Ardeatine.

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